Il 7 dicembre 1980 è una data storica per il Taranto Calcio. Il giorno di Sant’Ambrogio di trenta anni fa, infatti, la squadra pugliese annientò, allo stadio “Jacovone”, il Milan versione “piccolo diavolo” guidato da Massimo Giacomini, condannato dalla Giustizia Sportiva alla serie B per lo scandalo del calcio-scommesse che aveva determinato anche la penalizzazione di 5 punti per il Taranto, da scontare nell’annata 1980/81. La partita contro il Palermo, disputata il 9 dicembre 1979, risultò combinata e da qui la decisione di penalizzare il club pugliese. Alla presidenza della società c’era Donato Carelli che nella stagione squassata dal calcio-scommesse aveva allestito una squadra competitiva dopo una consistente campagna acquisti. I tifosi, dopo aver sperato di lottare per la promozione in A, ritrovarono invece la loro squadra coinvolta nel giro di partite truccate. Tuttavia, le prospettive del Taranto 80/81, malgrado la zavorra iniziale, erano buone. In panchina era stato confermato Gianni Seghedoni, passato alla storia, con la maglia della Lazio, per un suo gol fantasma allo stadio Olimpico, su calcio di punizione, contro il Napoli. La sua potente conclusione sfondò la rete partenopea e l’arbitro non si accorse del gol. Una svista che costò ai laziali la promozione in A. La sua carriera di allenatore aveva registrato il picco più alto alla guida del Catanzaro che con Seghedoni in panchina conquistò la prima storica promozione in A (1971). Tra i nuovi acquisti del Taranto, spiccavano la mezza punta Nicola Cassano, il portiere Ciappi, Fabbri (prelevato dal Rimini), Mucci (giunto dal Livorno), Chiarenza, Fagni, Gori e il muscoloso centrocampista Cannata. Tra i confermati, dopo il buon campionato precedente, Pavone, Dradi, Picano e Scoppa. L’annata 80/81 ebbe un tragico inizio in casa Taranto. Antonio D’Angelo, regista della squadra appena ceduto al Rende, perse la vita in un incidente stradale mentre si dirigeva in Calabria per la sua nuova destinazione. Un destino tragico, considerate le volte in cui D’Angelo aveva rifiutato il trasferimento. L’inizio di stagione del Taranto fu incoraggiante. Già alla quinta giornata, la squadra di Seghedoni aveva cancellato il -5 in classifica, centrando successivamente due successi interni consecutivi a spese del Varese e nel derby contro il Bari, in cui fu decisivo un gol di Fagni. Al match con il “diavolo declassato” la squadra pugliese giunse dopo una serie di tre sconfitte e due vittorie. Quella prima domenica del dicembre ‘80, lo stadio Jacovone registrò il tutto esaurito, con circa 25 mila spettatori. Sugli spalti non c´era posto nemmeno per una formica. Cronaca di un'impresa All’appuntamento con la partita più prestigiosa della stagione, i padroni di casa si presentarono al gran completo. Seghedoni schierò Ciappi tra i pali (portiere che aveva dato buone garanzie in quel primo scorcio di campionato), Chiarenza e Beatrice terzini, Ferrante in mediana, Falcetta stopper e Picano nel ruolo di libero. Gori all’ala destra, Cannata e Pavone centrali di centrocampo, Mutti e Cassano con compiti prettamente offensivi completavano lo scacchiere pugliese. Sull’altro versante, Giacomini, il mister con la chioma sempre ordinata, dovette fare a meno del portiere titolare Piotti (rimpiazzato da Vettore) e del nazionale Fulvio Collovati. La linea difensiva, composta da Tassotti, Maldera, Minoia e Franco Baresi, faceva invidia a parecchie squadre di A. In avanti i rossoneri si schieravano con Buriani, Novellino, Cuoghi, Romano e il bomber Antonelli. La squadra di Giacomini aveva dalla sua tutti i pronostici della vigilia. Mutti apre le danze La prima frazione di gara non riservò emozioni. Il gioco dei blasonati ospiti non trovò sbocchi in area pugliese. Al 44’ , lo “Jacovone” esplose in un urlo di gioia per il gol del vantaggio dei padroni di casa, firmato da Bortolo Mutti. Cross dalla fascia destra a tagliare la linea difensiva milanista, stacco perentorio del numero 9 del Taranto, piazzato al centro dell’area piccola, e per Vettore non vi fu scampo. Nella ripresa, il Milan provò a raddrizzare la partita. Giacomini potenziò l’attacco, inserendo subito Vincenzi al posto di capitan Maldera e, a metà ripresa, Battistini per Cuoghi. Il diavolo tentò qualche sortita con Buriani ma l’estremo difensore Ciappi fece buona guardia tra i pali del Taranto. Pochi gli spazi a disposizione di Novellino, Vincenzi ed Antonelli che raramente giunsero al tiro. Milan in ginocchio. Incapace di trovare la via del gol, il Milan fu infilzato altre due volte nel finale di partita. Il raddoppio lo firmò l’ala sinistra Cassano, giocatore proveniente dalla zona vecchia di Bari. La sua fu una giocata spettacolare, capace di ridicolizzare, con una serie di dribbling ubriacanti, un pilastro come Franco Baresi, già allora elemento irrinunciabile dell’undici rossonero. L’attaccante pugliese partì palla al piede dalla trequarti ospite: prima e seconda finta, ulteriore dribbling a rientrare che mise a sedere Baresi e tiro imparabile per l’incolpevole Vettore, la cui unica presenza da titolare della sua breve militanza milanista coincise con la peggiore giornata stagionale della squadra rossonera. A dare alla vittoria del Taranto i segni dell’impresa da consegnare alla storia, giunse, poco prima dello scadere, il terzo gol di Mutti, al termine di un micidiale contropiede. Il centravanti raccolse una corta respinta del portiere milanista e depositò nella porta sguarnita davanti agli occhi di uno spaesato Tassotti. Taranto-Milan 3-0, un capolavoro da tramandare ai posteri. Mister Seghedoni fu osannato dalla tifoseria locale. La prodezza della squadra pugliese fu mediaticamente amplificata dal turno di riposo della serie A. La Domenica Sportiva affidò a Bruno Pizzul il servizio sulla disfatta del Milan e per tutti i tifosi tarantini fu una serata indimenticabile. Grande fu l’accoglienza per Nicola Cassano al suo ritorno a Bari dopo la grande vittoria contro il Milan. Intervistato nel 2009 da Lorenzo D’Alò della Gazzetta del Mezzogiorno, l’ex giocatore del Taranto, oggi titolare di una ditta di trasporti, ricordò quel gol che avrebbe potuto cambiargli la vita e del boato, quello dei tifosi dopo il suo gol, che gli è rimasto dentro. A 19 anni era balzato all’attenzione generale. “Ho trattato la celebrità – affermò Cassano - come si merita: da impostore. Ero un bravo ragazzo e lo rimasi. La sera tornai a casa, a Bari, quartiere San Nicola. Granita e pasticcini per gli amici. Fini lì”. Nicola Cassano, fantasista ante litteram, era abile a partire da lontano, evidenziando una progressione a tratti irresistibile, come quella che umiliò Baresi. Dopo la trafila nel vivaio del Napoli, arrivò a Taranto nel 1980. L’ingaggio di Cassano sfiorava due milioni di lire netti al mese: cifre economiche di un calcio che non aveva ancora azzerato i sentimenti. L’entusiasmo, in casa Taranto, salì comprensibilmente alle stelle dopo la vittoria contro il Milan. Sembrava il preludio ad una buona stagione ma ben presto il vento cambiò e la squadra pugliese, a causa di problemi societari, smarrì lo smalto della prima parte di campionato, finendo nei bassifondi della classifica. Seghedoni si dimise ad inizio marzo 1981; il suo sostituito, Umberto Pinardi, non riuscì a traghettare il Taranto verso la salvezza. La stagione si chiuse con un inglorioso penultimo posto e la retrocessione in C, dopo dodici campionati tra i cadetti, della squadra pugliese. Ben altra fu la musica nell’incontro di ritorno. La partita di San Siro non ebbe storia. Il Milan restituì al Taranto, con gli interessi, la batosta dell’andata. Infatti, il 10 maggio 1981 finì 4-0 per la squadra milanista, come pronostico comandava. I rossoneri andarono a segno con Antonelli (doppietta), Cuoghi e Battistini. Dopo poche settimane arrivò anche la matematica promozione in A del diavolo. Il tecnico Giacomini, dopo un iniziale rodaggio, aveva trovato l’equilibrio necessario a condurre la barca rossonera verso il porto dell’immediato ritorno in serie A. La batosta d’inizio dicembre ‘80, tuttavia, verrà archiviata come una delle sconfitte più clamorose della storia milanista, con il piccolo Davide pugliese ad infierire sul Golia rossonero che, sia pur declassato in cadetteria, rimaneva una delle colonne portanti del calcio italiano. Nella storia del Taranto Calcio fu quella “la partita perfetta”.
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