Malines...dal Belgio una piccola favola europea

Il Malines visse un breve ma intensissimo periodo di successi casalinghi ed europei alla fine degli anni ottanta, quando conquistò la Coppa del Belgio (1986/1987), la Coppa delle Coppe (1987/1988), la Supercoppa Europea (1988) e il campionato (1988/1989). Prima di aver tentato di battere il record mondiale di esoneri subiti (se ne contano nove nelle ultime quattordici stagioni, due delle quali per di più trascorse senza squadra) e di avere successivamente trovato rifugio in Medio Oriente tra sceicchi, Rolls-Royce e petrodollari a fiumi, l’olandese Aad de Mos godeva di una discreta fama come tecnico, frutto di qualche campionato di buon livello sulle panchine di Ajax ed Anderlecht, le cui bacheche erano state adeguatamente riempite di trofei vari (due scudetti e una Coppa d’Olanda il club di Amsterdam, un titolo nazionale quello di Bruxelles). Il vero capolavoro della sua carriera De Mos l’ha però compiuto alla guida di una piccola squadra di provincia capace di vivere un triennio da assoluta protagonista, in patria come in Europa. Quella squadra era il Koninklijke Voetbalvereniging Mechelen, meglio conosciuta in Italia con il nome di Malines. De Mos era finito in Belgio dopo un triennio abbondante e piuttosto vincente trascorso sulla panchina dell’Ajax e bruscamente interrottosi nel 1985 in un tiepido pomeriggio di maggio ad Haarlem, quando i biancorossi avevano dovuto soccombere di misura (1-0) ai padroni di casa, senza per questo compromettere la marcia verso il loro ventiduesimo scudetto. La dirigenza dell’Ajax parlò di 'forti divergenze d’opinione', strano però che queste fossero emerse solamente dopo tre anni e mezzo; in realtà De Mos era stato scaricato senza troppi complimenti dal presidente Tom Harmsen, già in parola con il figliol prodigo Johan Cruijff (tornato nel frattempo all’Ajax in qualità di tecnico - senza patentino - delle squadre giovanili dopo aver appeso definitivamente le scarpe al chiodo da campione d’Olanda nientemeno che con gli odiati rivali del Feyenoord) per affidargli la guida della squadra dalla stagione successiva. Nessuno avrebbe potuto immaginare che poco più di tre anni dopo, l’11 maggio 1988 per la precisione, allo Stade de la Meinau di Strasburgo, l’Ajax si sarebbe visto sottrarre la Coppe delle Coppe (vinta l’edizione precedente contro il Lokomotiv Lipsia) proprio dal Malines di De Mos, a completamento della più classica e dolce delle vendette. La vittoria del Malines quella sera fu un miracolo tanto inaspettato quanto assolutamente non casuale, un’impresa frutto della realizzazione di un progetto ambizioso e vincente i cui meriti erano da dividere in parti uguali tra presidente, staff dirigenziale, allenatore e giocatori. Il tutto aveva avuto origine dal miliardario John Cordier, proprietario della società di componenti elettroniche Telindus, che era diventato presidente del club nella stagione ’82-83 e nel giro di pochissimo lo aveva riportato nella massima divisione belga, ristrutturando lo stadio Achter de Kazerme e professionalizzando la struttura organizzativa della squadra. Il rinnovamento proseguì con l’ingaggio di De Mos e la costruzione di una squadra piena di elementi di valore, quali Michel Preud’Homme, Erwin Koeman, Eli Ohana, Piet den Boer, Graeme Rutjes e Marc Emmers. Nessun fuoriclasse, Preud’Homme escluso, ma tanti giocatori di livello più che buono in grado di costituire un gruppo solido e ben amalgamato. ''Quando arrivò De Mos nel 1986'', ha ricordato Cordier, ''l’unico nazionale del Malines era Leo Clijsters; tre anni dopo la squadra ne era piena''. Il calcio giocato dal Malines non era né innovativo né particolarmente spettacolare; era efficace, e di ciò se ne rese conto la sera dell’11 maggio un Ajax indubbiamente superiore sotto il profilo tecnico (in campo c’era gente quale Muhren, Bosman, Blind, Menzo, Van’t Schip, Witschege e, nel secondo tempo, Bergkamp) ma anche poco lucido causa una serie di problemi interni; Van Basten se n’era andato, così come il tecnico Cruijff (sostituito addirittura da un triumvirato composto da Spitz Kohn, Barry Hulshoff e Bob Haarms), Rijkaard non c'era più e i nuovi acquisti (Henne Maijer, Frank Stapleton e Jan Sorensen) languivano tristemente in panchina. In più Danny Blind aveva pensato bene di farsi cacciare dal campo dopo dieci minuti dal fischio d’inizio Un assist al bacio del fantasista israeliano Eli Ohana (premiato al termine della stagione dal Guerin Sportivo con il Bravo, riconoscimento assegnato al miglior giovane in ambito europeo), girato in rete da Piet Den Boer e i grandi interventi di Preud’Homme (in particolare un salvataggio miracoloso su una girata di Bosman) furono perciò sufficienti a mandare in delirio i diecimila tifosi belgi accorsi in Francia e a regalare al Malines il primo trofeo continentale della sua storia.Il secondo arriverà qualche mese dopo, ai danni di un’altra squadra olandese, il PSV Eindhoven campione d’Europa di Guus Hiddink e dei vari Romario, Vanenburg e Ronald Koeman, travolto 3-0 in Belgio da una doppietta di Bosman (acquistato proprio dall’Ajax nel corso dell’estate) e da un’autorete del difensore Valcx. Ininfluente la sconfitta (1-0) patita ad Eindhoven nel ritorno; la Supercoppa Europea entra nella bacheca del club giallorosso. Aad de Mos lascia la panchina del Malines per quella dell’Anderlecht nel giugno dell’89, non prima però di aver completato il suo capolavoro portando il club di John Cordier alla conquista del titolo nazionale belga, il quarto nella storia del club, il primo dal lontano 1948. Sarà il canto del cigno di una squadra che emanerà gli ultimi bagliori nella Coppa Campioni ‘89-90, eliminata ai quarti di finale dal Milan mondiale di Sacchi, Van Basten e Gullit; 0-0 in Belgio, 2-0 (dopo i tempi supplementari) per i rossoneri a Milano, dove Preud’Homme giocò una partita letteralmente mostruosa, parando l’inimmaginabile. Poi il declino, improvviso ma non imprevedibile; i guai finanziari della sua Telindus costrinsero infatti Cordier a smantellare rapidamente la squadra, cedendo tutti i pezzi pregiati, e successivamente a passare la mano. Il resto è facilmente intuibile: zero soldi, squadra ai limiti del presentabile, retrocessione in Tweede Klasse (anno ‘97-98, allenatore Franky Vercauteren), breve sussulto con il ritorno in Jupiler League (stagione 2001-2002), definitivo fallimento causa bancarotta (2003). Nell’ottobre del 2004 il Malines festeggia il suo centenario in Derde Klasse, tra i dilettanti, una cerimonia malinconica ulteriormente intristita dall’assenza di John Cordier, morto nel gennaio dello stesso anno per un attacco di cuore. Molti dei protagonisti del miracolo Malines si sono spenti una volta lasciata la squadra, o comunque non hanno avuto una carriera all’altezza delle aspettative, si pensi solo ad Eli Ohana, passato ai portoghesi del Braga prima di tornare in Israele e scivolare nel parziale anonimato (in patria è comunque rimasto un idolo), ma anche a Preud’Homme, sempre grande in nazionale ma limitato al Benfica da una società in piena crisi. Di Aad de Mos invece si è già detto; scudetto subito con l’Anderlecht, poi un estenuante girovagare tra Olanda (Psv Eindhoven), Germania (Werder Brema), Belgio (Standard Liegi e ancora Malines, questa volta in qualità di direttore tecnico), Spagna (Sporting Gijon), Giappone (Urawa Red Diamonds), Arabia Saudita (Al-Hilal) ed Emirati Arabi Uniti (la nazionale) alla ricerca di una gloria oramai perduta e sostituita da una dura realtà chiamata esonero. Perché se i sogni sono duri a morire, ancora di più lo è la nostalgia per un passato irripetibile che mai più si presenterà. Nell’era del calcio-business, il tempo delle favole è finito.

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