L'Udinese del piccolo triplete

Massimo Giacomini, anticipando i fasti dell’era Zico e gli exploit del triennio Zaccheroni, è stato l’allenatore in grado di cambiare radicalmente il rapporto dei tifosi friulani con la loro squadra. La sua Udinese ha rappresentato il riscatto di una terra profondamente scossa da un devastante terremoto che aveva causato un migliaio di morti tra i comuni di Trasaghis e Bordano, nelle vicinanze di Osoppo e Gemona del Friuli. Una regione intera trovava nel football un motivo di coesione e i bianconeri, guidati dal tecnico dalla folta chioma, rappresentarono un tassello tutt’altro che trascurabile. Con Giacomini, quattordici anni dopo, l’Udinese tornò in B, vinse la Coppa Italia di serie C, il trofeo Anglo-Italiano e, nella stagione seguente, centrò una storica promozione in A. I presupposti di questo ciclo virtuoso risalivano al giugno 1976. Dopo l'ennesima annata di piccolo cabotaggio, l'A.C. Udinese venne sciolta per costituire una Spa con capitale sociale formato dall'azionariato popolare e dalle quote di Lino Midolini (ex vicepresidente), Angelo Da Dalt e dell'industriale veneto Teofilo Sanson che divenne il nuovo presidente, con Franco Dal Cin direttore generale. Il 26 settembre di quell’anno, veniva inaugurato lo stadio “Friuli”, con ventimila posti di capienza. Il terreno di gioco, dopo la scossa tellurica di maggio, fu trasformato in area di primo soccorso per i numerosi feriti e senzatetto.Nella stagione 77-78 ci fu la svolta attesa da società e tifosi. L’arrivo dell’esperto bomber Nerio Ulivieri, tra i protagonisti della salvezza del Foggia nel campionato di A 76/77, fu il primo tassello per riportare l’Udinese in B. La conduzione tecnica della squadra venne affidata ad un giovane allenatore di Udine, Massimo Giacomini, 38 anni non ancora compiuti, una laurea in legge e sette anni trascorsi all’Udinese da calciatore. Nel 73/74, insieme a Sergio Manente, aveva guidato i bianconeri al secondo posto in serie C e, nella stagione seguente, con il Treviso vinse il campionato di serie D. Per Giacomini, la chiamata del presidente Sanson arrivò dopo aver ottenuto il patentino al supercorso di Coverciano, superato alla grande. In un contesto di piena fiducia da parte della società, il nuovo allenatore decise di rivoluzionare il sistema di gioco dell'Udinese, scegliendo il modello olandese: calcio totale, tattica del fuorigioco attuata in continuazione e pressing a tutto campo. L’Udinese cominciò a macinare gioco, gol e risultati. A fine campionato, i bianconeri di Giacomini si aggiudicarono il girone A di C1 con due giornate d’anticipo ed uno score strepitoso di 58 punti in 38 gare, con 22 vittorie, 14 pareggi e appena 2 sconfitte, una delle quali a promozione già matematicamente ottenuta. I friulani ebbero, inoltre, il migliore attacco (57 gol fatti) e la difesa meno perforata (solo 17 gol al passivo). Questi i principali cavalieri in maglia bianconera che fecero l’impresa: Della Corna, Bonora, Osti, Leonarduzzi, Apostoli, Riva; De Bernardi, Gustinetti, Pellegrini III, Bencina, Ulivieri, Boito.Le dirette concorrenti vennero seminate: la seconda (Junior Casale) lontana otto punti, la terza posizione staccata addirittura di dodici lunghezze. Numeri straordinari che fecero balzare l’Udinese agli onori della cronaca calcistica nazionale. Fu un anno di record: 44 partite utili consecutive, 31 delle quali in campionato, promozione ottenuta eguagliando il record di punti detenuto dal Monza. Il Casale tenne il passo dell’Udinese fino al giro di boa, chiudendo l’andata a pari punti e riuscendo a sconfiggere la capolista nello scontro diretto del girone di ritorno grazie al classico gol dell’ex, firmato da Basili. La sconfitta giunse al termine di una settimana in cui al tecnico era arrivata l’incredibile notizia del suo esonero a fine stagione a causa di frizioni con il presidente Sanson. Esonero che non si concretizzò. Anzi: l’allenatore dell’Udinese dei record venne confermato anche per la stagione 1978-79. A promozione ottenuta, Giacomini commentò in questo modo l’annata dei suoi: “La serie B si è delineata fin dall'inizio del 1978. Non poteva sfuggirci”. Tra gli artefici del ritorno tra i cadetti, spiccò il centravanti Pellegrini che Nereo Rocco definì “degno di San Siro”. Il Paron rossonero poi aggiunse: “Impressiona dell'Udinese la potenza del collettivo, la freschezza atletica di tutti”. Riva, Gustinetti e Bencina componevano la spina dorsale della squadra, Nerio Ulivieri, il secondo attaccante, si mise in evidenza per imprevedibilità e fiuto del gol. La squadra friulana regalava gioia ad una regione ancora sconvolta dalle conseguenze del sisma del 1976. L'Udinese per i friulani era non solo una squadra di calcio ma un simbolo, un'ancora, un ambasciatore, l’emblema della loro rivincita sulla sorte, sulla paura, sulla desolazione percepita nei paesi distrutti dal terremoto. I segni della tragedia di due anni addietro - come sottolineò Renato Romanelli su La Stampa - erano ancora evidenti, con macerie sparse su 3600 chilometri quadrati e 137 comuni che attendevano interventi efficaci .La ciliegina sulla torta, in quella stagione da primato, arrivò con la vittoria dei bianconeri nella Coppa Italia di serie C a spese della Reggina. La partita giocata a Reggio Calabria, fu interrotta a metà ripresa per le intemperanze dei tifosi locali. Il giudice sportivo assegnò il 2-0 a tavolino a favore dell'Udinese. La stagione dei friulani da trionfale divenne memorabile dopo la conquista di un torneo internazionale. Quella squadra, infatti, si permise il lusso di centrare un fantastico “Triplete”, aggiudicandosi il Trofeo Anglo-Italiano, competizione calcistica tra club italiani e inglesi, ideato nel 1969 da Gigi Peronace, manager italiano trasferitosi in Inghilterra negli anni Cinquanta. L’edizione 1978 del trofeo, riservato dal ’76 a squadre semiprofessionistiche, si concluse il 28 giugno, con la finale disputata allo stadio Friuli. L’Udinese stracciò 5-0 il Bath City, vincitrice quell’anno della “Southern Football League”, la lega semiprofessionistica del calcio inglese.Il 30 giugno 1978, Renato Romanelli scrisse sul quotidiano La Stampa: “Il successo dell'Udinese prescinde dai valori sportivi. Assume significati più profondi per una regione che ha sofferto a lungo e ancora oggi paga le conseguenze del terremoto di due anni fa. La passione sportiva è una valvola di sfogo per tante amarezze, un'occasione di serenità lontano dai problemi d'ogni giorno, un motivo per molte persone per ritrovarsi insieme come avveniva sulle piazze che ora non ci sono più. Ai friulani bastava la promozione. Non cercavano record”. Il capolavoro di Giacomini proseguì nella stagione 78/79 che vide l'Udinese vincere nettamente il campionato di B. L’intelaiatura della squadra che aveva dominato in serie C era rimasta sostanzialmente intatta. L’unica novità rilevante fu l'innesto di Luigi Delneri a centrocampo, proveniente dal Foggia e soprannominato “il biondo con i piedi buoni” cresciuto nella Spal di G.B. Fabbri. Un numero 8 che si adattava anche a fare il 10, Delneri non era uno scattista, amava far correre la palla. Mister Giacomini faticò a convincere i dirigenti friulani: c'era scetticismo sull’ex centrocampista foggiano. Lo davano in fase calante. Il tecnico dell’Udinese, però, aveva visto in lui il fulcro della squadra, da utilizzare in posizione centrale, un po’ arretrato, a dirigere le operazioni di gioco, sfruttando l’abilità di Delneri nel passaggio filtrante. Il suo punto debole era la tendenza ad ingrassare e per questo il nuovo acquisto dell’Udinese si sottoponeva a diete rigide e ad allenamenti durissimi, ricoperto di vestiti pesanti, acrilici, per sudare di più, come ha raccontato Giacomini qualche anno fa ricordando i fasti della sua squadra, capace di giocare un calcio d’avanguardia, con l’off-side, lo sfruttamento delle fasce e il trequartista. La formazione tipo dell’Udinese che tornò in serie A fu la seguente: Della Corna, Bonora, Fanesi, Leonarduzzi, Fellet, Riva, De Bernardi, Delneri, Bilardi, Vriz, Ulivieri. Fu un’altra cavalcata trionfale, dal successo casalingo contro il Taranto alla vittoria esterna, a Rimini, nella giornata conclusiva. Primo posto in classifica con 55 punti, la seconda staccata di sei lunghezze. Un exploit che fece salire l’Udinese agli onori di 90° Minuto e della Domenica Sportiva. Dopo oltre vent’anni, il capoluogo friulano tornava in massima serie. Nella squadra di Giacomini non c'era il campione che si distingueva ma un complesso omogeneo e dal gioco interessante. In difesa, l’Udinese schierava giocatori fisicamente bene impostati, abili sui palloni alti e pronti nel rilancio dell’azione. Bonora era un marcatore inflessibile, Fellet un difensore sempre sicuro negli interventi, Leonarduzzi un po’ rude ma molto efficace. Tra i pali, il titolare è Carlo Della Corna, già numero uno dei friulani dalla stagione 77/78. A centrocampo spiccava l’eleganza nel fraseggio di Bencina, la lucidità di Riva e la corsa di Delneri. A supporto di questo settore accorreva anche Vriz che, a dispetto del numero di maglia spesso indossata (9), si faceva notare come suggeritore arretrato, lesto a servire palloni alle punte De Bernardi e Ulivieri, bravi a scambiarsi di posizione, incrociandosi con sufficiente velocità. Un gioco che faceva emergere non il singolo ma la squadra nel suo complesso. Dopo la promozione in A, Giacomini salutò l’Udinese per passare sulla panchina del Milan, fresco di scudetto e di stella. Ma quel biennio e quella squadra rimasero indelebili nella memoria dei suoi tifosi. Il tecnico con la laurea in giurisprudenza aveva reso possibile, puntando sul lavoro e una grande umanità, il raggiungimento di risultati calcistici straordinari per una piazza come Udine. La squadra, guidata e plasmata da Massimo Giacomini, diede a tanti ragazzi friulani un’alternativa: si poteva tifare per l’Udinese e non soltanto per i grandi club del calcio italiano. Una vera rivincita della provincia. Amare quella squadra fu molto facile, come ricordare a memoria le formazioni del biennio ‘77-’79. L’Udinese di Giacomini riportò in auge un calcio genuino dove il business contava poco e il football era ancora “una splendida incertezza”. Le scosse distruttrici del maggio e del settembre '76 avevano seminato morte e disperazione, colpendo  alla base un'economia solida e sicura e sconvolgendo valori antichi ed equilibri quasi perfetti. Restava l'attaccamento alla terra ed ai simboli, anche passeggeri, a cui aggrapparsi. Il calcio faceva allontanare dalla paura facendo dimenticare le cose d'ogni giorno. Tornarono a riempirsi le trattorie, nei bar della città si beveva il «taiut» e la domenica si andava al nuovo stadio Friuli a tifare Udinese.

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