Nel 1974 l 'industriale Franco D'Attoma rileva un Perugia con un piede in serie C e sommerso dai debiti. Insieme a Castagner e Ramaccioni costruirà il più bel Grifone della storia raggiungendo il secondo posto nella stagione 1978/79...Era il 1974. Franco D'Attoma, prese in mano il calcio perugino. Entrò nel circo pallonaro quasi per rendere un favore alla sua città d' adozione. In Umbria era arrivato molti anni prima, per amore. Poi gli affari, in società con il cognato Leonardo Servadio, proprietario di una ditta di abbigliamento: la Se.gi. Quell'azienda diventò la Ellesse , la più grande realtà dell'abbigliamento sportivo italiano per diverso tempo. All'epoca il Perugia era sull'orlo del fallimento: affondava nei meandri della bassa classifica della serie B, con una società pesantemente in crisi. D'Attoma la trasformò in un modello: in pochi anni spinse una semplice vicenda calcistica di periferia ai limiti più estremi, fino alla lotta per lo scudetto. Ottenuta la salvezza, nel campionato 1973/74, iniziò la parabola verso l'alto. D' Attoma si definiva «ignorante di calcio» e si attorniò di gente esperta: Silvano Ramaccioni, innanzitutto, che diventerà poi il general manager del grande Milan. Accanto a D'Attoma e Ramaccioni, un allenatore giovanissimo: Ilario Castagner. I tre posero le basi per la costruzione del "Perugia dei miracoli" .La stagione successiva segnò l'inizio dell' avventura. Il triumvirato D'Attoma-Ramaccioni-Castagner mette su una squadra di ragazzi quasi sconosciuti, tra i quali Pierluigi (Alex) Frosio e Renato Curi. Campionato indimenticabile per squadra e città. Finisce con gli umbri primi: serie A, per la prima volta. Al primo vero anno di attività, D'Attoma era già entrato nella storia del Perugia. Conquistata la A , la società di D'Attoma punta a restarci il più a lungo possibile. La mentalità da industriale del presidente entra di prepotenza anche nel calcio. D'Attoma impone ai dirigenti di mantenersi sempre lontani dalle questioni tecniche: presente, ma a distanza; fiducioso nei confronti di chi il calcio lo gioca e la squaldra l'allena. Castagner chiede, D'Attoma risponde. Viene consolidato il gruppo di giocatori con l'arrivo di altri elementi. Qualche nome? Con il passare degli anni arriva gente che si chiama Aldo Agroppi, Walter Novellino e Salvatore Bagni. Missione compiuta: il Perugia in A ci resta e pianta le tende. Nel contempo il presidente continua a forgiare squadra e società a sua immagine e somiglianza. Risultato: i Grifoni sono la squadra-simpatia e anno dopo anno si consolidano in classifica con l'ottavo posto nel '76, il sesto nel '77 e anche nel '78. Poi il prodigio. Siamo nella stagione 1978/79, il Perugia di D'Attoma gioca un gran calcio: vince, pareggia, pareggia e vince. In precedenza non era infatti mai successo che una squadra disputasse un intero campionato di serie A senza perdere nemmeno una partita. A stabilire quel record (eguagliato soltanto tredici anni dopo dal Milan) provvidero le 11vittorie e i 19 pareggi messi insieme dal Perugia. Quarantuno punti in tutto, tre in meno del Milan di Liedholm, quello che festeggiò la stella del decimo scudetto e salutò la prima stagione di Franco Baresi e l'ultima di Gianni Rivera. Un risultato che ai giorni nostri spedirebbe i grifoni direttamente in Champions League. Non solo: il Perugia ebbe anche la difesa meno perforata del campionato con sole 16 reti subite. I punti di forza della retroguardia erano il capitano Frosio e Della Martira, mentre il regista di centrocampo era Vannini e sulla fascia destra imperversava Bagni. Otto gol li segno' proprio Bagni e nove Speggiorin, la prima punta. Il Perugia era una squadra compatta ed aggressiva, forse in anticipo sui tempi. Agli avversari non dava il tempo di pensare e badava soprattutto al possesso del pallone. Il miraggio dello scudetto sembrò materializzarsi a sei giornate dalla fine, quando il Milan, primo con soli due punti di vantaggio sui grifoni, andò a Perugia: tutta la città sognava l'aggancio, un entusiasmo indescrivibile. Gli umbri non potevano presentarsi al gran completo, erano infatti fuori uso due pedine fondamentali come Frosio e Vannini (cui Fedele ruppe una gamba in un Inter Perugia molto discusso), che saltarono quasi tutto il girone di ritorno. Finì in pareggio, com'era gia' successo a San Siro e i rossoneri poterono così veleggiare placidamente verso il primato. Il 'Perugia dei miracoli' termina secondo a tre punti dal Milan. Per la seconda volta, D'Attoma il conversanese entra nella storia: porta il Grifo in Europa. Ma non è finita. Il presidente deve ancora completare l'opera. Passa solo un anno e D'Attoma prende una decisione che apre la strada al nuovo modo di fare calcio: è l'inventore dello sponsor. Vuole portare Paolo Rossi a Perugia. E per farlo rompe gli schemi del mondo pallonaro. Propone al pastificio Ponte di finanziare la squadra, in cambio della presenza del marchio sulle maglie. La Federcalcio multa il Perugia: sulle tenute, dicono in Federazione, può comparire solo il logo dell'azienda che le fabbrica. E D'Attoma che fa? Lui, industriale dell'abbigliamento sportivo, s'inventa la linea "Ponte". Arrivano quattrini sonanti e il Perugia compra Pablito. E' il colpo che consacra don Franco signore di un'interà città. E' l'apice: il Perugia imbattuto può sommarsi al più grande cannoniere italiano, e il risultato non può essere che scudetto. Ma il Perugia sbarazzino della stagione precedente lascia il posto ad un Perugia patinato, forse pago, forse disorientato dal clamore del secondo posto e dall'arrivo di Paolo Rossi. In Coppa Uefa i grifoni superano il primo turno contro la Dinamo Zagabria ma crollano clamorosamente contro gli sconosciuti greci dell'Aris Salonnico (1-4 complessivo) mentre in campionato, persa la verginità dell'imbattibilità alla settima giornata (0-2 contro il Torino) navigano a fari spenti, lontani dalla vetta, concludendo al decimo posto. Non basta: lo scandalo calcioscomesse impazza, il Perugia è pesantemente coinvolto. Paolo Rossi dovrà scontare due anni di squalifica e gli umbri si ritrovano ad iniziare da -5 la stagione 1980/81, famosa anche per l'arrivo degli stranieri. Arriva il pseudo-centravanti Fortunato, che promette gol e spettacolo. Sarà un fantasma che non lascierà traccia. E arriva puntuale ed inevitabile la retrocessione, con il quindicesimo posto (e neanche senza la penalizzazione gli umbri si sarebbero salvati). Finisce un epoca da Paradiso ed inizia un lunghissimo Purgatorio....
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