Francesco"Franz"Calì nacque a Riposto, in Sicilia, il 16 Maggio 1882, da Bruno Calì, commerciante di vini. Dopo che un assalto di pirati mise in ginocchio l'azienda familiare, lui e tutta la sua famiglia emigrarono in Svizzera alla ricerca di fortuna. Nel paese alpino Franz, come venne soprannominato, iniziò a giocare a calcio. Calì iniziò la sua carriera agonistica. Si tesserò con il Fortuna Zürich e fu anche convocato nella nazionale svizzera, giocando 5 partite; dopo due anni di permanenza in quella città, terminò l'esperienza svizzera al FC Genève. e quando il padre, nel 1901 decise di tornare in patria, a Genova, per continuare l'attività di commerciante di vini, Franz si portò dietro tutta l'esperienza calcistica accumulata in Svizzera e si tesserò insieme al fratello Salvatore per il Genoa, con cui rimase un solo anno perdendo la finale del quarto campionato italiano. Nel 1902 passò all'Andrea Doria, squadra con cui giocò da titolare per alcuni anni, conquistando il secondo posto nel 1907. Il 15 maggio 1910 la nazionale italiana, allora in maglia bianca, giocò all'Arena di Milano la sua prima storica partita, affrontando in un'amichevole la sempre ostica Francia. La partita finì trionfalmente 6 a 2 in favore dell'Italia, capitanata proprio da Franz Calì. Anche in occasione della seconda partita, il 26 maggio 1910 contro l'Ungheria, fu scelto come capitano azzurro. Dopo il suo ritiro come giocatore fu scelto inoltre più volte come membro della commissione tecnica della nazionale. Nel 1912 fu in commissione con Armano, Goodley, Pasteur, Servetto, Megard, Camperio e Meazza per una partita contro la Francia; nel 1914 tornò in sella con Meazza, Pasteur, Rietman, Resegotti, Pedroni e Armano per 4 partite; nel 1915 si giocò solo una partita contro la Svizzera, e la commissione era formata anche da Scamoni, Laugeri, Armano, Pasteur, Rietman e Resegotti.  Viene chiamato alle armi durante la prima guerra mondiale, rimanendo ferito. Ristabilitosi, nel 1918, viene nominato responsabile del carcere militare allestito nel Forte Sperone, sulle alture di Genova, nel quale vengono rinchiusi prigionieri di etnia croata e serba.. Dopo la prima guerra mondiale entrò in altre tre commissioni tecniche, tra il 1920 e il 1921 (tra gli altri commissari c'erano Bianchi, Minoli, Milano, Meazza, Bertazzoni, Mauro, Campi e Pozzo). In totale Calì guidò la nazionale per 13 partite, con 6 vittorie, 3 pareggi e 4 sconfitte e partecipò come allenatore di lungo corso alle Olimpiadi di Anversa del 1920. La prima esperienza come arbitro la visse nell'autunno del 1902 nella Coppa Città di Torino, un importante torneo dall'epoca. Il trofeo si disputò al Velodromo Umberto I di Torino il 2 novembre e nella finale vide affrontarsi la Juventus ed il Milan. La partita, terminata per tre a tre nei tempi regolamentari, fu fatta proseguire ad oltranza da Calì, causando il ritiro della compagine rossonera e facendo aggiudicare la vittoria ai torinesi. Divenuto membro dell'A.I.A., arbitrò numerosi incontri di campionato. Nel 1944 è nominato presidente dell'Andrea Doria, che due anni dopo si unirà alla Sampierdarenese per formare l'attuale Sampdoria. Al termine della guerra, e dopo aver lasciato il mondo del calcio, diventa editore di cartoline. Francesco“Franz”Calì, il primo capitano della  Nazionale Italiana di calcio si spense nella città che lo aveva adottato, Genova, il 3 Settembre 1949.

Prima partita della Nazionale Italiana

Erano le 15:30 del 15 Maggio 1910, teatro per l'occasione l'Arena Civica di Milano. Sugli spalti erano presenti quattromila spettatori. La Nazionale italiana allenata da Umberto Meazza giocava la sua prima partita, Quel giorno, i nostri calciatori indossavano una maglia bianca (la indossarono anche nella seconda partita, prima di passare all'azzurro) e la scelta fu dettata soltanto da motivi economici: costava infatti sette centesimi in meno di quella colorata. Tra i giocatori convocati, mancavano per squalifica nel campionato italiano, i migliori elementi della Pro Vercelli, squadra che aveva già vinto quattro scudetti nazionali. Il capitano era Francesco Calì, terzino dell'Andrea Doria, non soltanto perchè era il più anziano della squadra, 28 anni, ma anche perchè conosceva le lingue. Le aveva imparate in Svizzera, dove la sua famiglia era emigrata quando il piccolo Francesco aveva appena due anni. I Calì commerciavano in vino e un assalto dei pirati aveva depredato le loro navi che trasportavano le botti. Di qui la decisione di emigrare. Calì cominciò a giocare a calcio in Svizzera, assieme al fratello Salvatore, da centravanti. Lo chiamavano Franz e nacque da lì l'equivoco del Calì svizzero. La famiglia Calì tornò in Italia nel 1900. Franz Calì, assieme al fratello, fu ingaggiato dal Genoa dove giocò per un anno, perdendo la finale scudetto col Milan, quindi passò all'Andrea Doria, l'altra società di Genova che esordì nel 1902 nel campionato italiano. Calì fu il trascinatore dei doriani, meritò la convocazione in Nazionale e la sua prova contro la Francia convinse anche i più scettici. Giocò soltanto le prime due partite con l'Italia, entrambe in maglia bianca. Poi dal 1912 al 1921 fece parte per 13 partite della commissione tecnica della Nazionale. Gli spettatori entusiasti assistettero alla vittoria dell'Italia sulla Francia. Il protagonista dell'incontro fu il centravanti del Milan, Pietro Lana, che realizzò tre dei sei gol italiani. Aveva iniziato a giocare in rossonero, poi nel 1908 fu tra i dissidenti che fondano l'Inter, quindi tornò al Milan. Fu suo il primo gol della storia della Nazionale dopo tredici minuti. Quindi il raddoppio dell'interista Fossati, che morirà nel 1916 durante la Prima guerra mondiale. Nel secondo tempo la Francia accorciò le distanze con Sellier al 4', quindi ancora gol di Lana al 14', secondo gol francese con Ducret al 17'. Ma l' Italia era scatenata e dopo due minuti Rizzi ristabilì le distanze, poi Debernardi e Lana ad un minuto dalla fine completano il trionfo. La vittoria sulla Francia con un sonante 6-2, entusiasmò gli spettatori dell'Arena. Scrisse il "Corriere della Sera": "La gran folla non vuol partire, si ferma mezzora in attesa dei foot-ballers". La "Gazzetta dello Sport" aveva presentato la sfida con la Francia nell'edizione del 13 maggio con una spalla in prima pagina, mentre l'apertura era dedicata alla seconda edizione del Giro d'Italia che sarebbe partito il 18. Il resoconto della partita, il 16 maggio, è a pagina 5 con un commento in corsivo, poi a seguire la cronaca dell'incontro, quindi il match minuto per minuto, dove però non era indicato il minuto di gioco ma l'orario. Il tabellino non viene pubblicato. Il Corriere della Sera scrive di Italia-Francia a pagina 4 sotto la cronaca delle corse al trotto. Gli articoli sono pieni di termini inglesi: shot (tiro), hands (fallo di mano), backs (difensori), melee (mischia), forwards (attaccanti). L'assalto al goal di De Simoni sono i tiri verso la porta dell'Italia, le parate di Calì e Varisco sono interventi dei difensori italiani. Si racconta che i protagonisti italiani di questa prima storica vittoria ebbero un premio partita: i pacchetti di sigarette lanciati sul terreno di gioco dai quattromila spettatori.

Genoa primo campione d'Italia

La prima delle prime volte nasce e si consuma in un solo giorno, dal mattino al tardo pomeriggio dell'8 maggio 1898,al Velodromo Re Umberto, periferia di Torino, zona Porta Susa. L'occasione fu offerta dall'Esposizione Internazionale per i cinquanta anni dello Statuto Albertino. Venne messa in palio una coppa offerta dal Duca degli Abruzzi e una targa data ad ogni rappresentante della squadra vincitrice. La coppa messa in palio sarebbe rimasta di proprietà alla squadra che avesse vinto il torneo per tre volte. Quel giorno segna l'anno zero del campionato italiano di calcio Le squadre partecipanti sono quattro, imbottite di giocatori di anagrafe non italiana, soprattutto inglesi, giacchè erano stati loro ad attaccare agli italiani dell'area portuale genovese e delle aree industriali e studentesche di Torino e Milano il virus di quello che oggi è considerato il più bel gioco del mondo. Le scarne cronache di allora tramandano i risultati delle due partite eliminatorie disputate al mattino. Alle 9:00, dinanzi ad una cinquantina di persone, scendono in campo due squadre torinesi, l'Internazionale di Torino e il Football Club Torinese: 1-0 il risultato, diatriba sulll'autore del primo storico gol del campionato italiano; alcuni riportarono Savane, altri Bosio. Alle 11:00, la seconda partita, in cui il Genoa supera la Società Ginnastica Torinese per 2-1. Poi, probabili panini imbottiti e Barbera come introduzione alla finale disputata verso le 15:00, dinanzi ad un pubblico raddoppiato rispetto a quello del mattino: un centinaio di spettatori e incasso di 197 lire e qualche centesimo. Occorrono i supplementari per attribuire il titolo di campione d'Italia dopo che i 90 minuti si erano chiusi in parità (1-1). Alla fine prevale per 2-1 il Genoa che non aveva ancora la divisa rossoblù di oggi ma una camicia bianca, con questa (presumibile) formazione: Spensley, Leaver, Bocciardo, Dapples, Bertollo, Le Pelley, Ghiglione, Pasteur, Ghigliotti, De Galleani, Baird.

Gimnasia,il più antico club del Sudamerica

Il Club de Gimnasia y Esgrima La Plata in Argentina è stato fondato il 3 giugno 1887 come associazione civile e, quindi, è il più antico club calcistico ancora attivo in tutto il Sud America. La sua fondazione è avvenuta appena cinque anni dopo la creazione della città di La Plata nel 1882. I primi sport offerti ai membri, sono stati, ginnastica e scherma (rispettivamente, in spagnolo, Gimnasia e Esgrima). I club sportivi a supporto di queste erano comuni tra le classi superiori alla fine del 1800 (la prima fondazione del Gimnasia y Esgrima de Buenos Aires nel 1880). Più tardi furono aggiunte altre discipline, tra le quali l'atletica leggera, il calcio, la pallacanestro e il rugby. L'istituzione ha cambiato nome un paio di volte: da aprile a dicembre 1897 è stato chiamato "Club de Esgrima" dovuto al fatto che la scherma era l'unica attività praticata in quel periodo. Il 17 dicembre 1897 è tornato al suo nome originale: "Club de Gimnasia y Esgrima". Dal luglio 1952 al 30 settembre 1955, il club è stato nominato "Club de Gimnasia y Esgrima de Eva Perón", poiché la città di La Plata stessa era stata rinominata "Eva Perón" nel 1952, dopo la morte di Evita. La città ritornò al suo nome precedente durante il governo di "Revolución Libertadora", e così ha fatto il club. Tuttavia, la società è rimasta indebitamente identificata come "Club de Gimnasia y Esgrima de La Plata", fino alla correzione del nome il 7 agosto 1964. Nel 1929, il Gimnasia y Esgrima ottenne il suo unico titolo di Prima divisione, dopo una stagione che finì con quattordici vittorie e tre sconfitte, Finale a due vinta 2-1 sul Boca Juniors.
La diaspora sembra essere sempre accesa! E' davvero il Genoa 1893 il club più antico del calcio italiano? Sicuramente è il club più antico ancora esistente, ma credo che il primo club calcistico fondato in Italia, sia l'Internazionale di Torino. La squadra fu fondata nel 1891 raccogliendo giocatori e dirigenti del Football & Cricket Club Torino di Edoardo Bosio e dei Nobili Torino, compagini amatoriali nate  entrambe nel 1887. Quest'ultimo gruppo raccoglieva giovani di alto lignaggio della nobiltà torinese, capeggiati dal Duca degli Abruzzi, che divenne presidente della nuova società. Tra i fondatori anche Herbert Kilpin, pioniere del calcio in Italia, che in seguito fonderà a Milano il Milan Cricket and Football Club. La prima casacca adottata fu di colore granata, ispirata alla divisa maroon dello Sheffield FC, che è considerato il più antico club di calcio al mondo. Il granata fu presto abbandonato in favore di una casacca bianco-nera, ma diede probabilmente origine, anni dopo, ai colori sociali del Torino. La prima partita amichevole del calcio italiano, ufficialmente registrata, viene giocata da una rappresantiva torinese formata da giocatori dell'Internazionale Torino, del F.C. Torinese e dal genoano Fausto Ghigliotti, contro il Genoa, il 6 gennaio 1898, sul campo di Ponte Carrega a Genova. Vinse la rappresentativa torinese per uno ad zero con rete del marchese Savage davanti a 212 spettatori per un incasso netto di 284 lire e 50 centesimi. La rivalità continuò per anni in quanto l'Internazionale partecipò al primo campionato di calcio italiano perdendo la finale ai tempi supplementari contro lo stesso Genoa, mentre al successivo campionato si ripeté ancora la stessa finale, ancora con la sconfitta dell'Internazionale di stretta misura. Per l'occasione la squadra aveva una divisa a strisce verticali giallo-nere, con ogni probabilità prestatale dai cugini della F.C. Torinese, ed era capitanata da Savage. A causa di una crisi finanziara il club nel 1900 venne assorbito dal F.C. Torinese. L'apporto dell'Internazionale Torino fu molto importante in quanto l'apporto di molti ex-bianconeri portò il nuovo Football Club Torinese a giocare la finale del Campionato di calcio italiano nel 1900.

Sheffield F.C. (primo club della storia del calcio)

Il nostro viaggio nel passato ci porta a Sheffield, nel South Yorkshire alle prime luci della seconda metà del XIX secolo. A quel tempo la città fu protagonista di una grande espansione industriale, tanto da valerle il soprannome di “steal city”, città dell’acciaio. Il prezzo da pagare, però, fu molto alto: le pessime condizioni igieniche oltre al rapido ed incontrollato proliferare delle nuove industrie furono le cause principali dell’epidemia di colera che nel 1839 uccise circa 400 persone. Nel 1864 un’altra sciagura colpì Sheffield: il nuovo bacino idrico costruito nei pressi del fiume Loxley crollò, uccidendo 270 persone: il ricordo del “Great Sheffield Flood” è ancora vivo nella memoria degli abitanti della città. Descritta in questi termini, la storia recente di Sheffield sembra essere stata caratterizzata solo da eventi nefasti, ma non è così; anzi, per i più, la città del South Yorkshire è legata ad un episodio in particolare: il “Big-Bang” del football , di cui è possibile percepire ancora oggi la radiazione di fondo. E’ il 24 Ottobre 1857, due giocatori di cricket (padre di quello che oggi è lo sport più amato al mondo), Nathaniel Creswick e William Prest  fondano lo Sheffield Football club a Parkfield House un sobborgo di Highfield. Le prime partite dello Sheffield FC erano organizzate tra i giocatori della squadra stessa che in genere si dividevano tra “scapoli contro ammogliati” oppure tra “occupati contro disoccupati”. Particolari che oggi fanno sorridere, ma che se letti nel modo giusto rendono l’idea della genuinità di questo passatempo. Il calcio era allora uno sport "in via di sviluppo”. Le squadre che partecipavano ai tornei decidevano insieme le “regole del gioco”, non essendo ancora nata la FA (Football Association), che verrà fondata soltanto nel 1863 e che oltre a dare certezza alle “regole” gettò le basi del calcio professionistico. Anche in merito a questo aspetto, lo Sheffield FC ha fatto storia. Dal 1857 al 1877, le “regole del gioco del calcio” applicate nell’area di Sheffield saranno conosciute come “Sheffield Rules”, il decalogo preparato dai padri fondatori. Nel 1867 fu organizzato il primo torneo di calcio al mondo, la Youden Cup, disputata nel rispetto delle Sheffield Rules. L’importanza della città di Sheffield per la formazione del calcio professionistico è testimoniata soprattutto dalla costituzione della “Sheffield Football Association” che, nove anni dopo, darà origine alla attuale Football Association. Lo Sheffield divenne membro della FA nel 1863, ma per molti anni continuò a giocare secondo le “Sheffield Rules”.L’impulso che il duo Creswick-Prest diede allo sviluppo del calcio fu decisivo. Negli anni successivi, infatti, nell’area di Sheffield si contavano più di 15 squadre (per l’epoca, un numero straordinario) e per questo la neonata squadra decise di disputare partite solo con club poste al di fuori dell’area di Sheffield: siamo agli albori del moderno “campionato di calcio”. Il primo match fuori dall’area locale fu quello disputato contro il Nottingham Forest, il 2 gennaio 1865. Lo Sheffield FC, tuttavia, ebbe un rapido declino con l’avvento del calcio professionistico non riuscendo mai a competere con le squadre di più alto livello (si ricordano le pesanti sconfitte subite contro Aston Villa e Notts County). Anche in questo contesto, però, i pionieri del calcio moderno si rivelarono lungimiranti: lo Sheffield propose alla FA di creare una competizione per soli club amatoriali, dando vita alla FA Amateur Cup, vinta dallo Sheffield FC nel 1904 (foto 4), destinata ad essere soppressa nel 1974 in favore dell' FA Trophy (a cui partecipano le più forti compagini amatoriali) e a rivivere sotto forma della FA Vase a cui oggi partecipano tutte le squadre collocate oltre l’ottavo livello del sistema piramidale calcistico inglese.Il momento più importante della storia del club si è registrato in occasione del 150° anniversario dalla sua fondazione, nel Novembre 2007. Per quell’occasione fu organizzato un match celebrativo contro l’Inter terminato 5-2 per i milanesi. Lo storico club, però, ottenne una vittoria ben più importante fuori dal campo e di cui ancora oggi è fiero: fu insignito del FIFA Order of Merit, la più alta onoreficenza del massimo organo calcistico, che fino a quel momento era stata concessa soltanto al Real Madrid. Il primo impianto sportivo utilizzato dallo Sheffield FC fu lo Strawberry Hall Lane Park, ma dal 2001 gioca le sue partite casalinghe nel BT Local Business Stadium , impianto di proprietà del club  Attualmente lo Sheffield FC milita nella “Northern Premier League Division One South”, ottavo livello del “National League System”. Il miglior risultato raggiunto è la partecipazione alla Northern Premier League, collocata ad un solo livello sopra il campionato in cui milita oggi la squadra. Una storia ricca di fascino per un club che non è mai stato sotto i riflettori dello show business calcistico moderno: forse è proprio questo il segreto della longevità dello Sheffiled FC.

Ogni benedetta Domenica

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Alla Domenica si cominciava a pensare fin dal Lunedì e nel caso di sconfitta dalla Domenica stessa. La settimana veniva vissuta nei bar o nei club con una tale intensità da non poter essere descritta a parole. La mattina prima della partita, già alle 10 intorno allo stadio era tutto un tripudio di bandiere, un fluire continuo di tifosi con i famosi cuscini (a proposito, ma che fine hanno fatto?). Nei bar volavano le birre e, specialmente nelle giornate più fredde, il mitico “Caffè sport Borghetti”. Ma non si sostava molto fuori, perché trovare un posto in curva già a mezzogiorno diventava una vera e propria impresa. Quei cori forti e potenti che rimbalzavano in curva nord, li potevi sentire da fuori e, come trainato da una forza inarrestabile, dovevi entrare, dovevi essere partecipe e anche se il campo era ancora vuoto e la tifoseria avversaria non era arrivata, cantare era un rito irrinunciabile. Entrare, però, significava fare lunghe file, ma non per i tornelli o altre diavolerie ministeriali, ma semplicemente perché eravamo tantissimi. Quando la squadra avversaria provava a mettere la testa fuori dal tunnel degli spogliatoi, ogni settore li bombardava di fischi, cori tanto che velocemente facevano marcia indietro e tornavano al coperto. Era Domenica e in curva suonavano le trombe, si distribuivano i fogli di giornale ritagliati che venivano lanciati alla lettura delle formazioni, si preparavano i fumogeni e i più “fortunati” potevano scaldare i muscoli del braccio cominciando a ritmare con i tamburi. Il “Comunale” era sempre stracolmo, si fosse giocato per non retrocedere, oppure, quelle poche volte che succedeva, per altri e più importanti obbiettivi. Prima della partita in curva si mangiava pure: era il momento dei panini con le panelle o con la meusa(milza), mentre si divideva il bere con quello vicino anche se non lo conoscevi. Fuori dal centro della curva c'erano i maniaci delle radio, che ti aggiornavano sui risultati dagli altri campi, e trovavi sempre qualcuno alla fine del primo tempo o della partita in cerca dei parziali o dei finali per consultare la schedina. Il bello è che nella concitazione del momento, nell'essere preda di quello che accadeva in campo, non esistevano due soli “maniaci di tutto il calcio minuto per minuto”, capaci di darti lo stesso risultato per la stessa partita. Nel giro di un minuto potevi passare dall'aver fatto tredici, dodici a miseri cinque, quattro, con conseguente depressione e imprecazione. Questi gesti univano, cementavano legami che, una volta nati in quella curva, erano destinati a durare a lungo, se non per sempre. Era Domenica e giocava il Palermo e così, indipendentemente dalla squadra, da chi scendeva in campo, esserci e tifare per quella maglia rosanero era espressione di un senso di appartenenza, era la prova di una città che si divideva su tutto e si riuniva magicamente quando scendeva in campo i picciotti del Palermo Era l'essere tutti insieme a sostenere una squadra che soffriva e ti faceva soffrire, ma chi c’era sapeva che lui, che noi, che tu, che quelle migliaia di persone erano il calcio, erano il Palermo, erano la città di Palermo, e che senza di loro il calcio non sarebbe esistito. Poi, finita la partita, rimasti senza un filo di voce, via di corsa a casa – meglio se c’era un amico che abitava vicino allo Stadio che così si faceva prima – per vedere Novantesimo minuto, a godere le immagini se avevamo vinto, a recriminare se avevamo pareggiato e, se per caso avevamo perso, ad andare col pensiero subito alla Domenica successiva. Perché era Domenica, e anche se questa era finita, fra sette giorni ce ne sarebbe stata un’altra. Da domani di nuovo al bar o al club: cominciava il conto alla rovescia!