Il Testaccio di Roma

I giallorossi ci hanno giocato solo undici anni, dal '29 al '40. Eppure di quel piccolo stadio all'inglese, completamente in legno, con le tribune dipinte di giallo e rosso, resta un ricordo indelebile. Tra via Monte de' Cocci e via Zabaglia, a Roma, oggi ci sono un'officina e una rimessa per camion. Sessant'anni fa - chissà se lo sanno i meccanici che lavorano lì - c'era il cuore della Roma. Il campo di Testaccio non richiama alla memoria dei romanisti trionfi strepitosi: il primo scudetto giallorosso arrivò nel 1942 quando ormai la Roma giocava allo stadio del PNF. Eppure, resta un luogo epico, come accade spesso alle cose che si possono solo raccontare. Qualche rara foto, pochi ritagli ingialliti dei gionali dell'epoca e poi soltanto i ricordi dei vecchi: Ferraris IV e Bernardini, le tribune di legno dipinte di giallo e di rosso, la sagoma della chiesetta di Testaccio sullo sfondo. Lì, su quel campo, è nata la Roma e forse è per questo che nessuno lo ha dimenticato.
Era stato tale Foschi, presidente della Fortitudo a comprare il terreno e ad avviare il progetto. Progetto insolito, all'inglese: uno stadio di proprietà del club, concepito esclusivamente per il calcio. L'ingegner De Bernardinis, cui fu affidata la realizzazione dell'opera, confessò che si sarebbe ispirato allo stadio del Liverpool, niente meno. I lavori cominciano nell'estate del 1928, quando la Fortitudo si è ormai fusa con Alba e Roman per dare vita alla Roma. Sarà la nuova società ad ereditare lo stadio che viene ultimato in quindici mesi al costo di 1.647.161 lire dell'epoca. Ventimila posti, interamente in legno, Testaccio debutta il 3 novembre 1929: Roma-Brescia 2-1. Il primo gol lo segna il fiumano Rodolfo Volk, che con 42 reti sarà il marcatore più prolifico nella storia dello stadio. Due anni dopo, il 15 marzo 1931, il giorno di gloria: scende a Roma la Juve capolista e i giallorossi si scatenano. Finisce 5-0 con doppietta di Fulvio Bernardini e gol di Lombardo, Volk e Fasanelli. Un risultato talmente sensazionale da ispirare un film (Cinque a zero, appunto) in cui alcuni giocatori della Roma recitano come comparse. Campo caldo, quello di Testaccio. La Lazio dovrà aspettare dieci anni prima di espugnarlo: il 2-0 del 15 gennaio 1939 fu l'unica vittoria biancoceleste sul campo della Roma. Che in quel periodo, però, cominciava a scricchiolare, e non in senso metaforico: le tribune ondeggiavano in modo sinistro quando la folla esultava. Nel 1938 viene demolito e ricostruito in cemento il settore dei distinti, ma il restauro non basta. Gli altri settori restano pericolanti e ventimila posti sono sempre troppo pochi per contenere il popolo romanista. Così, il 2 giugno 1940 va in scena l'ultimo atto della struggente commedia umana ambientata a Testaccio: Roma-Novara 3-1. Poi toccherà al più moderno e capiente stadio del PNF ospitare le imprese dei giallorossi, mentre in due giorni - in soli due giorni - Testaccio viene demolito. Resta l'officina, il deposito per i camion e l'eco sempre più lontana di antiche passioni. Come se il cuore della Roma battesse ancora.

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