In porta l’insuperabile Jascin e poi capitan Krijevski, Balkov, Savdounine e il centravanti Gogoberidze. I campioni sovietici della Dinamo Mosca che affrontarono il Milan, fresco vincitore dello scudetto, si presentarono al gran completo, il 7 luglio 1955, per la prima partita di una squadra italiana oltre la famigerata “Cortina di ferro”. Anche l’allenatore milanista, Hector Puricelli, schierò i pezzi migliori: Buffon, Maldini, Liedholm, Soerensen, Nordhal e Schiaffino.Il periodico “Il Calcio Illustrato” definì la partita “un inizio di collaborazione fra Italia e Urss”. Pochi giorni prima, a Milano, Puskas e la sua Honved Budapest si erano arresi 3-2 al cospetto dei neo campioni italiani. Gli spalti dello stadio “Dynamo” accolsero 80 mila spettatori. Il tabellone dell’impianto moscovita, sotto le immagini di Lenin e Stalin, riportava in caratteri cirillici e in italiano la scritta “Saluto agli sportivi d’Italia”. Alle ore 19 locali (le 17 a casa nostra) la partita ebbe inizio. Dopo appena 120 secondi dal fischio d’avvio dell’arbitro Grill, i padroni di casa passarono in vantaggio. Azione elaborata, conclusa dal numero 10 Iline: nulla da fare per l’estremo difensore rossonero. Lo svantaggio non demoralizzò il Milan che ben presto prese il sopravvento da un punto di vista tattico, denotando una maggiore freschezza atletica, nonostante l’età media più bassa della squadra russa e il periodo - inizio luglio – che vedeva il Milan ormai agli sgoccioli di una lunga stagione mentre la Dinamo era invece alle battute iniziale della sua annata agonistica. Dopo una prodezza di Buffon (tuffo basso alla sua sinistra) su staffilata di Savdounine, il Milan pareggiò con Soerensen (conclusione ad aggirare la barriera su calcio di punizione). Era appena scoccato il 35’ . I padroni di casa reagirono immediatamente al gol rossonero, sfiorando in due occasioni il raddoppio (provvidenziale intervento del barone Liedholm). Al 40’ , onorando la regola sempre valida del “gol sfiorato, gol subito”, Ricagni infilò facilmente Jascin dopo un errore della difesa avversaria su cross di Bergamaschi. Per il fortissimo estremo difensore sovietico, nominato nel 2000 “miglior portiere del XX secolo”, fu quello il primo anno da titolare nella squadra moscovita, al posto dell’infortunato Khomic. Da allora, Jascin divenne pedina inamovibile della Dinamo, compagine del Ministero Sovietico degli Affari Interni, la più titolata nella storia dei campionati dell’Urss ed anche la più odiata per la sua strettissima contiguità con il potere politico. Nella ripresa, dopo un altro prodigioso intervento di Buffon (prontezza e riflessi) su conclusione del solito Iline, il Milan segnò il terzo gol, al 54’ , con una mezza girata di Nordhal sotto l’incrocio dei pali. Sembrò il colpo del ko. I russi riuscirono a riaprire la partita grazie ad un banale fallo di mano in area di Beraldo: il rigore lo trasformò Savdounine. Cinque minuti dopo l’arbitro concesse il penalty al Milan e Soerensen dagli undici metri servì il poker che chiuse la partita. Gli ultimi venti minuti furono all’insegna della pura accademia da parte dei rossoneri. Dopo il fischio finale, lo sportivissimo pubblico di Mosca applaudì i vincitori. Fu la vittoria di Soerensen, Nordhal e Frignani, tutti all’altezza dello loro classe. Le prestazioni di Liedholm e Bergamaschi vennero definite “superbe” per discernimento e tenuta, di rilievo anche le prove di Pedroni e Maldini, con Beraldo eccellente per combattività ed intraprendenza mentre Buffon fu considerato tra i migliori in campo, capace con le sue parate di oscurare persino un mito vivente come Lev Jascin. L’operato della terna arbitrale (direttore di gara austriaco, guardialinee russi) fu giudicato ottimo. Negli spogliatoi, il vicepresidente dei Soviet di Mosca, Simiciasky, riconobbe sportivamente i meriti dei rossoneri mentre l’allenatore della Dinamo, Jakovistin, imputò alla fretta di concludere dei suoi attaccanti il principale motivo della sconfitta. L’arbitro Grilz si dichiarò fiero di avere diretto una gara impostata su tecnica, lealtà e correttezza, evidenziando i meriti dei milanisti. In tribuna c’era anche l’ambasciatore italiano a Mosca, Mario Di Stefano, lo stesso che alla fine degli anni Trenta (insieme ad un altro diplomatico, Guido Soro) aveva salvato circa mille ebrei polacchi dai campi di sterminio, prima di essere sollevato dall’incarico da Mussolini, a sua volta sollecitato da Hitler durante il vertice del Brennero (marzo 1940). L’ambasciatore Di Stefano, al termine della partita, scese negli spogliatoi per stringere la mano ai giocatori rossoneri. All’uscita dallo stadio, i tifosi della Dinamo tributarono l’ennesimo applauso ai campioni d’Italia, capaci di oscurare quel giorno una delle compagini più forti a livello mondiale. Il direttore del “Calcio Illustrato”, Leone Boccali, nei commenti post partita parlò di trionfo e di un Milan capace di rivalutare il calcio italiano a livello internazionale. “Per chi come noi gira il mondo da oltre 30 anni, al seguito delle squadre di calcio, – chiosò Boccali – il 7 luglio 1955 è una data da aggiungere alle più gloriose per il football italiano”. La partita venne trasmessa in diretta dalla televisione russa ed irradiata radiofonicamente in Europa da tre emittenti ad onde corte. Chi ebbe la fortuna di commentare quello storico incontro in lingua italiana, confidò dopo di aver provato un’emozione talmente forte da costringerlo quasi ad abbandonare il microfono. Nicolò Carosio usò il termine “apoteosi” per sintetizzare la vittoria rossonera. Strepitoso l’incipit del suo pezzo, summa del più puro ed ineguagliabile Milanismo: “Se chi come noi ha peregrinato un po’ per tutto il mondo, al seguito dei più interessanti spettacoli offerti dagli artisti della palla rotonda, vi dice che ancora una volta si è intensamente commosso fino all’impossibile, vuol significare che sport e giustificato amor proprio hanno felicemente raggiunto il diapason dell’ottimo”. A Mosca, quel giorno d’inizio luglio del '55, il Milan scrisse un pezzo di storia del calcio italiano.
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