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1973/74. Il doppio illecito di Verona e Foggia

L'incredibile doppio illecito di Verona e Foggia che macchiò di giallo intenso il post-campionato 1973/74. Tra telefonate e orologi, gli illeciti degli anni 70 fanno sorridere se paragonati a quelli dei nostri tempi... Si seppe che in realtà sulla vicenda di Clerici era stata una denuncia del Foggia (e non dello stesso giocatore) ad avviare l'indagine. Clerici venne interrogato e il caso sembro sgonfiarsi. Era vero: alla vigilia di Verona-Napoli del 21 aprile, quint'ultima giornata del campionato, il presidente del Verona, Saverio Garonzi, aveva telefonato al centravanti del Napoli, con cui aveva mantenuto ottimi rapporti anche dopo la sua partenza da Verona. Clerici assicurò che la telefonata era stata affettuosa e innocente, pur ammettendo che a un certo punto il presidente, interessandosi del suo futuro di trentatreenne ormai vicino al tramonto, non aveva esitato a promettergli una mano per fargli avere una concessionaria Fiat in Brasile. Non c'era stato nessun riferimento alla partita, il colloquio era intercorso tra due amici di vecchia data e insomma, la faccenda era apparsa talmente normale a Clerici da non suggerirgli nemmeno alla lontana l'idea di sporgere denuncia. il guaio fu che contemporaneamente lo stesso Garonzi, interrogato in altra sede, negava la telefonata, così il presidente foggiano, Antonio Fesce, prese cappello: «Smentisco nella maniera più categorica la notizia, che getta solo discredito e fango sul buon nome dell'Unione Sportiva Foggia e dell'intera cittadinanza. La società ha deciso di sporgere querela nei confronti di chi ha propagato tale notizia diffamatoria. Sembra davvero troppo, per un club già punito da una dura retrocessione». Pochi giorni dopo, il 25 maggio, sui quotidiani sportivi appariva un'altra indiscrezione, secondo cui il capo dell'ufficio inchieste della Figc, De Biase, sarebbe stato impegnato ad accertare i fatti relativi a un tentativo di corruzione: Sergio Clerici, centravanti brasiliano del Napoli ed ex del Verona, sarebbe stato avvicinato da persona sconosciuta che gli avrebbe chiesto di impegnarsi al massimo contro il Foggia e di... sonnecchiare invece contro il Verona. Va ricordato che il Foggia aveva pareggiato a Napoli 1-1 (con rete di Clerici), mentre il Verona aveva ballato i partenopei per 1-0. Le indiscrezioni aggiungevano che Clerici non solo aveva respinto la proposta, ma aveva provveduto a denunciare il tutto all'ufficio inchieste tramite il Napoli. Le due vicende erano solo all'inizio e destinate a intrecciarsi, montando il caso dell'estate. Sembrava finito regolarmente, il campionato 1973-74, con la retrocessione di Foggia, Sampdoria e Genoa, le squadre finite agli ultimi tre posti in classifica. Senonché, il 20 maggio la Gazzetta dello Sport usci con un trafiletto a dir poco curioso: secondo una voce, prima dell'inizio della partita col Milan del 19 maggio, ultima di campionato, i dirigenti del Foggia avevano offerto all'arbitro Menicucci di Firenze un orologio del valore di 7-800 mila lire. L'arbitro aveva rifiutato sdegnosamente il dono e, indignato per il gesto, aveva minacciato di riferire nel suo rapporto l'accaduto.. Messo di fronte alla deposizione del giocatore, in un secondo momento il presidente del Verona ammise il colloquio, escludendo pero la benché minima intenzione di "ammorbidire" l'impegno di Clerici per la partita. Niente da fare: per gli inquirenti l'intenzione, quant'anche non palesata, era già nei fatti, cioè nel tenore e nel contenuto della conversazione telefonica. Tanto più che poi il Verona aveva effettivamente vinto la partita col Napoli. Il Verona, insomma, doveva cadere in B. La vicenda però non si chiuse qui. Della retrocessione gialloblù avrebbe beneficiato il Foggia, che tuttavia scivolò sulla vicenda degli orologi. Quello della "Gazzetta dello Sport" era stato infatti un vero proprio scoop. Menicucci, nel referto sulla partita Foggia-Milan del 19 maggio scrisse di aver ricevuto prima della partila dal segretario del Foggia, Affatato, l'offerta dell'omaggio di tre orologi (di cui almeno uno di grande valore) per la terna arbitrale, con l'avvertenza di nasconderli per evitare che se ne accorgesse il rappresentante dell'Ufficio inchieste, che si mobilitava negli ultimi turni nelle partite "a rischio".La terna aveva declinato l'offerta, reiterata peraltro a fine gara, il Foggia adottò una linea difensiva quasi obbligata: non c'era niente di malizioso nell'iniziativa, tanto che al momento dell'offerta la porta dello spogliatoio era aperta: e quanto al consiglio di nascondere gli orologi, era stato dato in via amichevole, causa la circolare della Federcalcio che vietava i regali ai direttori di gara. La linea ovviamente non resse. Foggia e Verona andarono in fibrillazione in attesa della sentenza sul due casi, che avrebbe dovuto muoversi con funambolico equilibrio per non avvantaggiare con la condanna dell'una l'altra colpevole.ingigantendo i sospetti. Alla fine il Verona non venne retrocesso, per non favorire il Foggia, ma si ritrovò con tre punti di penalizzazione da scontare nella stagione successiva. Garonzi e Affatato vennero inibiti per tre anni, mentre al presidente Fesce venivano inflitti solo tre mesi di squalifica, essendosi accertato che il suo incarico prevedeva la consegna degli omaggi solo dopo la fine della partila, una sentenza che sollevava pesanti perplessità. Infatti il caso era tutt'altro che chiuso. Nel giudizio di appello presso la Corte d'Appello federale si inserì anche la Sampdoria. titolare di un interesse legittimo, come si dice in diritto amministrativo, a una eventuale retrocessione del Verona, che ne avrebbe provocato il ripescaggio in A. L'intervento fu vincente. Il Verona venne retrocesso all'ultimo posto in classifica, mentre il Foggia venne penalizzalo di sei punti, così da scendere sotto la Sampdoria che a quel punto tornava in Serie A

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