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1950: ...e l'Inghilterra sottovalutò gli USA

Mondiali 1950: Per la prima volta l'Inghilterra partecipa, con tutti i favori del pronostico, alla Coppa del Mondo in Brasile. Sottovaluta però clamorosamente il match con i "cugini" americani. Gli Stati Uniti d’America ritornano ai Mondiali dopo esserne stati assenti sin dal 1934. E nonostante gli USA abbiano poi fallito nell’avanzare al secondo turno della competizione, il Mondiale giocatosi in Brasile nel 1950 sarà ricordato come "The shot heard around the world", con il quale gli USA battono l’Inghilterra in un’incredibile partita, rovinando l’esordio dei “maestri inglesi” nei Campionati del Mondo, disertati fino ad allora per quella che essi consideravano "manifesta superiorità". Chiaramente condizionati dalla tragedia mondiale conclusasi solo cinque anni prima, i Mondiali 1950 vengono disputati in Brasile. Vi partecipano però solo 13 nazioni, numero dispari e inadatto ai tornei ad eliminazione, dovuto però da una serie di esclusioni e rinunce. Tra le Nazionali che rinunciano vi sono soprattutto quelle dell’Est europeo, inclusa l’ascendente stella dell’Ungheria – che infatti vincerà la medaglia d’oro nel calcio alle Olimpiadi di due anni dopo, a Helsinky – e l’URSS, che si rifiuta di affrontare le nazioni occidentali. Austria e Cecoslovacchia, tra le migliori Nazionali nelle edizioni precedenti, erano uscite decimate dalla guerra e decidono di non partire, la Francia invece, rifiuta di sostituire la Turchia. Argentina, Perù ed Ecuador si ritirano per varie ragioni. La Germania non partecipa perché non ancora riammessa dalla FIFA, e all’India infine non viene concesso di scendere in campo, nonostante si fosse qualificata, perché i suoi giocatori pretendevano di giocare scalzi come durante il torneo di qualificazione...Gli USA erano riusciti a qualificarsi a malapena, nonostante le sconfitte nei due match col Messico, rimediando un pareggio (1-1) e una vittoria (5-2) contro Cuba. Molti dei giocatori scelti dal “selection committee” per la rosa finale avevano avuto un ruolo importante nelle qualificazioni, inclusi i vari Walter Bahr, Gino Pariani, Harry Keough, Frank Borghi, Benny McLaughlin, Frank Wallace, John Souza e Charlie Colombo. Ma Benny McLaughlin non poté andare in Brasile a causa di problemi di lavoro e della data di matrimonio già fissata! Un altro giocatore importante per la squadra, Jack Hynes, fu lasciato fuori a causa di alcuni commenti critici sul processo di selezione seguito dalla USSFA. Gli esordienti della rosa erano Ed McIlvenny, Ed Souza, Joe Maca, Joe Gaetjens, Robert Annis, Geoff Coombes, Adam Wolanin, e il portiere di riserva, Gino Gardassanich di Chicago. Tutti, eccetto tre, i giocatori erano nati negli USA, nonostante alcune questioni sorsero in relazione ai requisiti di partecipazione proprio di quei tre, che furono comunque ammessi dalla FIFA. Walter Giesler, presidente della USSFA seguì la squadra in Brasile in qualità di team manager, mentre Bill Jeffrey venne nominato allenatore. La squadra, trasferitasi in Brasile con un notevole anticipo, fu in grado di allenarsi con una certa regolarità, e i giocatori, molti dei quali avevano un altro lavoro, si impegnarono a fondo. Addirittura misero insieme una bellissima prestazione andando a perdere solo 1-0 contro l'All-England team, anche se poi vennero sconfitti 5-0 dal Besiktas. Le 13 Nazionali vennero divise in quattro gruppi, con gli USA nel 2° insieme a Spagna, Inghilterra e Cile, con solo la prima a qualificarsi. Il match d’esordio, il 25 giugno a Coritiba, vede gli USA affrontare la Spagna. Dopo 15 minuti di pressione da parte delle “furie rosse”, gli USA passano inaspettatamente in vantaggio con Gino Pariani, che dopo aver raccolto un cross dalla destra all’altezza del disco del rigore, trovandosi pressato, piazza un gran tiro che s’insacca alla sinistra del portiere. Decisi a resistere, gli americani riescono a contenere la Spagna fino a dieci minuti dalla fine, quando Charlie Colombo perde palla in difesa consentendo agli avversari di pareggiare. Subito il gol la difesa USA “collassa”, consentendo agli spagnoli altri due gol negli ultimi cinque minuti, per uno score finale di 3-1. Nonostante la sconfitta, la buona prova contro un avversario nettamente più forte, apportò molta fiducia tra le fila degli americani. E si arriva cosi alla partita con la P maiuscola: Belo Horizonte, 29 giugno, gli USA affrontano l’Inghilterra. Gli inglesi se l’erano presa comoda nei giorni precedenti. Non abituati ai pessimi campi di allenamento brasiliani, di solito si cambiavano nelle loro camere d’albergo, e decisero inoltre di lasciare in tribuna molti giocatori chiave per farli riposare in vista delle partite successive. Gli USA avevano invece approcciato la gara allenandosi con grande professionalità e scesero in campo con grande convinzione, preceduti dallo scherno della stampa brasiliana. Poco dopo l’inizio della partita, quando un tiro degli inglesi finisce di poco sopra la traversa, si videro i giocatori inglesi ridere in campo già immaginandosi la quantità di gol che segneranno. Ma facevano i conti senza l’oste. La linea difensiva messa in piedi dagli americani infatti regge l’impatto dei numerosi assalti dei bianchi d’Inghilterra, e piano piano anche i 10.500 sugli spalti si rendono conto che quella è una partita vera. Il grande momento arriva al 37’: azione di Ed McIlvenny che lancia Walter Bahr, tiro forte di quest’ultimo alla sinistra del portiere Bert Williams. Che salta per andare a parare, ma viene anticipato da Joe Gaetjens, i cui tratti somatici tradivano l’origine haitiana, che di testa indirizza la palla nell’angolo opposto. Incredibile. L’Inghilterra, nonostante il tempo ancora disponibile per pareggiare, non ce la fa. Prima è Charlie Colombo a salvare in extremis un attacco, poi è Frank Borghi a compiere il miracolo parando al 59' sulla linea un colpo di testa di Jimmy Miullen. Gli inglesi provano a spostare i giocatori in ruoli differenti, con continui assalti alla porta dell’oriundo lombardo Borghi, ma non funziona, e la frustrazione inizia a pervadere i britannici. E quando l’americano John Souza dribbla ben sei giocatori inglesi in mezzo al campo, il ridicolo scende su di loro. Gli USA si avvicinano anche al raddoppio con Frank Wallace che, su passaggio di Pariani, viene però anticipato dal portiere. Poco dopo l’arbitro fischia la fine. La squadra più forte del mondo esce dal campo battuta da una Nazionale di semiprofessionisti che molti non credevano neanche in grado di mettere insieme undici giocatori. La notizia sorvola immediatamente l’Atlantico, ma nessuno, da Londra in su, crede ad una sconfitta contro i dilettanti americani. Un giornale scrive di un terribile errore di trasmissione e dà conferma della vittoria per 10-1. La sconfitta deprime a tal punto gli inglesi che usciranno sconfitti anche dal match con la Spagna, uscendo con infamia dai loro primi mondiali. Sfortunatamente il sogno americano giunge al termine il 2 luglio, a Recife, nell’ultima partita del girone contro il Cile. Un pessimo inizio porta infatti gli USA a finire subito sotto per 2-0. Nel secondo tempo però, in cinque minuti i gol di Frank Wallace prima e di Souza poi riescono a pareggiare il conto. Ma i 40 gradi dello stadio di Recife iniziarono però a pesare sulle gambe degli americani, e quattro minuti dopo il bravo attaccante cileno Jorge Robledo, che già si era messo in luce contro gli inglesi, mette a segno il 3-2 vincente. Lo stesso Robledo, poco sportivamente, sfidò il difensore americano Colombo a togliergli il pallone dai piedi. Il cileno però lo dribblava in tutti i modi possibili, e alla fine Colombo, sconvolto e depresso, uscì addirittura dal campo. Il Cile quindi dilagò 5-2 , con doppietta di Atilio Cremaschi inframezzata dal gol di Prieto. Il girone fu comunque vinto dalla Spagna. Nonostante la Nazionale USA non sia riuscita a passare al girone successivo, la partecipazione al Mondiale 1950, e specificatamente la partita con l’Inghilterra, rimane l’avvenimento più importante nella storia del soccer USA, come, all’opposto, per la Nazionale inglese. Sfortunatamente, la federazione americana fu lenta a capitalizzare il ritorno di immagine derivante da quella vittoria, e una tournée in Gran Bretagna venne decisa solo nel 1952, con partite contro Irlanda e Scozia. Ma a quel punto tutto l’entusiasmo che circondava la nazionale USA, non c’era già più.

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